Anche la “dottora” sta male

Anche la “dottora” sta male o l’isola è salva senza soluzione di continuità

Su una piccola isola ci si conosce tutte e tutti. Magari non si ha tutto. Ma quel poco che si ha deve bastare a tutte e tutti. Conosci il panettiere che, a sua volta, conosce tua madre la quale conosceva il fu di lui padre e il fratello minore del panettiere che mio padre alla fiera comprò. È una fitta ed ingarbugliata rete di conoscenze difficile da capire.

È l’ineluttabilità dell’essere isolane ed isolani. Si chiamano proprio così gli abitanti di un’isola. E come il termine “isola” già in parte evoca, su un’isola si è “isolati” dal resto della terraferma, della nazione, del continente e anche del pianeta, a volte.

Ci si conosce tutte e tutti e non si ha tutto. Si ha un solo fornaio, una sola enoteca, una sola biblioteca comunale, due o al massimo tre ristoranti. Se ti va bene, si ha sull’isola un ospedale o un ambulatorio medico o una farmacia. Se abiti su un’isola un po’ più “ricca”, hai anche la parafarmacia. Ma “ricca” in che senso?

Ti senti ancora più sicuro/a come isolano/a se nella parafarmacia dell’isola ci lavora un medico, un medico donna. Anzi, una dottoressa. Dopo più di due anni di pandemia legata al COVID anche la dottoressa non è stata risparmiata dal virus che non si è fermato neanche davanti ad un camice bianco. Il virus, del resto, non conosce colore della pelle, religione o appartenenza a nessuna casta. Ti contagia e basta. O che tu sia ricco/a o povero/a, diplomato/a o analfabeta, vegano/a o “carnivoro/a”, davanti al virus siamo tutte e tutti inesorabilmente fragili.

E anche se la nostra “eroina isolana” dal camice bianco, la “dottora” della parafarmacia, come con grande affetto gli isolani l’hanno “battezzata”, si sia protetta dal virus prestando attenzione a mettere in atto tutte le più severe precauzioni per evitare il contagio, il virus è inarrestabile. In parte, la “dottora” si sente anche in dovere di scusarsi con i suoi isolani:

LA DOTTORESSA SI SCUSA
MA HA PRESO IL COVID

Anche il medico dell’isola è malato ed issa la bandiera bianca. Tutta la nostra solidarietà va alla simpatica dottoressa, insieme agli auguri di una pronta guarigione. È una bellissima ed autentica confessione di impotenza da parte della dottoressa davanti agli “imprevisti dell’esistenza“, agli “incidenti di percorso”. Ed il percorso da fare per debellare in modo definitivo il virus è lungo.

Chi avrà mai potuto scrivere l’avviso? Un assistente della dottoressa? La dottoressa stessa forse? Non lo sapremo mai: ciò rimarrà un mistero. Un dettaglio non sfugge a chi osserva la preposizione “A” usata dopo il verbo CHIAMARE. Chi scrive il cartello è, in ogni caso, un parlante del Sud in quanto utilizza il verbo “chiamare” in modo intransitivo, aggiungendo la preposizione “A” che, di regola, non servirebbe, visto che uno numero telefonico lo si chiama e “chiamare”, in quanto verso transitivo, vorrebbe semplicemente un complemento oggetto (“chiamare il numero di telefono”). Ma la svista grammaticale o il regionalismo rende più simpatico/a l’immaginario/a assistente della dottoressa. Ma su quale isola ci troveremo mai? 🌋

La nostra dottoressa garantisce – anche in caso di malattia! – la consegna dei medicinali, senza alcuna interruzione di servizio. L’isola può ritenersi salva e “ricca” in quanto il gesto umano e civile del medico è più che lodevole.

LA DOTTORA

vi saluta ❤️ XOXO

XOXO” sta per “abbracci e baci” (in inglese “hugs and kisses”). Ma quanto umana è la dottoressa? E quanto altrettanto umani solo questi suoi isolani per chiamare la loro dottoressa “dottora”? E la dottoressa stessa, a sua volta, sa di voler essere amata dagli abitanti dell’isola in quanto lei stessa si “autopercepisce” come “dottora” firmando o facendo firmare il cartello d’avviso. Insomma, la dottoressa sta al gioco della “dottora”, “facendo a botte” con la grammatica, ma con tanto affetto. Ma alla “dottora” si perdona tutto.

Chissà se sull’isola in cui è stato esposto il cartello d’avviso “preso qui in oggetto” ci sia anche una “carabiniera” o una “marescialla”? Eppure al Sud queste definizioni così inverosimili e non poco fantasiose si sentono. La fantasia degli isolani non ha confini, anche se l’isola i suoi confini ce li ha: il mare. Rimanendo in tema di “definizioni”, su alcune isole, se la proprietaria della bottega del paese è venuta dal Nord ad aprire un negozio di generi alimentari sull’isola e magari è originaria di Torino, chiamerà la sua bottega “La Torinese”. E rimarrai per sempre “la torinese” per gli isolani. Non c’è via di scampo, né d’uscita. No way! E “La Torinese” per sempre sarai 🤐

Gli isolani le distinzioni nelle loro definizioni le devono fare. Se tu non sei isolano/a, la cosa può anche pesarti. È una sorta di “peccato originale” che tu, in quanto “non isolano/a”, ti porti dietro sull’isola. Ad alcuni/e il “peccato originale” viene assolto dopo un certo periodo di tempo, ad altri/e no.

Ma se gli isolani e le isolane imparano ad amarti, a capirti, a non vederti “forestiero/a” per sempre e, alla fine, ad accoglierti con tutte le tue imperfezioni sull’isola, sarai allora la loro “pittora”, “milanesa”, “poetessa”, “vigilessa” e anche “cantantessa”. Perché, alla fine, non è il tuo luogo di origine o di nascita che fa di te stesso/a una persona migliore o poco adatta ad un’isola, ma quello che sei per te stesso/a e come gli altri e le altre ti percepiscono. Non è né un merito, né una colpa esser nati/e dove si è, di fatto, nati/e.

Fortunatamente, [traduttore giurato.de] sa usare correttamente i sostantivi come p. es. “dottore” e “dottoressa”. Qualora tu abbia bisogno della traduzione asseverata di un documento ufficiale dall’italiano al tedesco o viceversa per uso legale, chiama ☎️ o invia un’e-mail 📨.

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