Ci sono marchi e nomi di prodotti che possono funzionare bene in un’area linguistica e avere un effetto di richiamo sugli acquirenti, ma non sempre in un’altra area linguistica.

I nomi dei marchi hanno sempre una grande influenza sulle decisioni di acquisto dei consumatori. In Germania, tuttə conoscono l’ormai famosa “ciliegia piemontese” (“Piemont-Kirsche”) dell’altrettanto famosa pralina italiana del marchio FERRERO, che non è mai stata coltivata in Piemonte: il marchio suggerisce al consumatore un prodotto regionale, del Nord Italia, un legame locale stretto e tangibile. In fondo, un po’ di “glocalismo” (globalizzazione + locale) non guasta nel nostro mondo globalizzato.


Immagina la scena: ogni volta che uno studente o una studentessa fuori sede o all’estero solleva il ricevitore del telefono, prima ancora di sentire “Come stai?”, la mamma o la nonna, all’altro capo della linea, scatta con l’interrogativo che da sempre turba il sonno delle mamme e nonne italiane: “Hai cibo in frigo?”


Quando le parole prendono vita nella nostra mente, possono ingannare. Le parole sono come guide attraverso mondi diversi, ma talvolta nascondono segreti e sfumature che solo chi conosce profondamente una lingua può comprendere appieno. In questa “danza linguistica” tra italiano e tedesco, emergono termini che ingannano e ammaliano, esercitando un fascino simile alle sirene dell’antica mitologia greca.



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