Cibo è amore – il tedesco e il Kummerspeck

Immagina la scena: ogni volta che uno studente o una studentessa fuori sede o all’estero solleva il ricevitore del telefono, prima ancora di sentire “Come stai?”, la mamma o la nonna, dall’altro capo della linea, scatta con l’interrogativo che da sempre turba il sonno delle mamme e nonne italiane:

 

“Hai cibo in frigo?”

La domanda risuona nelle orecchie dei figli o delle figlie o nipoti come: “Il tuo frigo è un paradiso di abbondanza o un gelido deserto di desolazione?”. Sì, perché in Italia, un frigorifero vuoto è praticamente un segnale di SOS, un campanello d’allarme per le mamme e le nonne. Per loro, il frigo pieno non è solo una questione di sopravvivenza, è una dichiarazione d’amore.

Un frigo vuoto? Non sia mai. Sarebbe un affronto all’amore materno, un cuore infranto di una qualche nonna in Molise o in Calabria in agguato. E così, in un balletto telefonico che sfida ogni logica spazio-temporale, mamme e nonne italiane si assicurano che l’amore, sotto forma di lasagne, pasta al forno o parmigiana, regni sovrano nel “regno del freddo” che è il frigo in quanto “oasi di abbondanza” e non “landa gelata del vuoto assoluto”. Perché ricordiamoci, care figlie o cari figli, esuli all’estero o fuori sede: poco cibo in frigo non significa solo fame, significa che da qualche parte in Italia, una mamma o una nonna sta perdendo il sonno.

E se cibo è amore, il tedesco per le disavventure di cuore ha un termine tutto suo. Vediamo quale. La lingua di Goethe e Schiller, con la sua struttura complessa e il suo ricco lessico, offre una varietà di termini specifici che catturano concetti e sfumature a volte assenti in altre lingue, come l’italiano. Questo aspetto del tedesco non solo affascina gli accademici e gli appassionati di lingue, ma offre anche una finestra unica che si affaccia sulle differenze culturali, nonché sulle modalità di pensiero tra i parlanti tedeschi e italiani.

Che il pensiero e la lingua si possano influenzare a vicenda ne abbiamo discusso diffusamente in questo blog post → qui: è lì che abbiamo esplorato come il linguaggio influenzi il nostro modo di pensare e percepire il mondo, sottolineando che, nonostante la diversità delle lingue, tutte hanno il potenziale di forgiare la nostra comprensione e comportamento. Pur non essendo un trattato di scienze cognitive, il post solleva domande su come l’acquisizione e l’uso della lingua modellino la nostra realtà cognitiva. Nel blog post si fa l’esempio di “Familie” in tedesco e “famiglia” in italiano per mostrare come termini apparentemente simili possano nascondere significati e connotazioni culturali differenti, influenzando così la nostra elaborazione di concetti come la famiglia.

Il tedesco ha termini per cui l’italiano non ha corrispettivi diretti per vari motivi, molti dei quali sono radicati nelle differenze culturali, storiche e strutturali tra le due lingue.

Ma iniziamo con un termine ampiamente conosciuto: “Schadenfreude“. Questa parola, che descrive il sentimento di gioia derivante dalle sfortune altrui, è così specifica che è stata adottata in molte lingue, italiano incluso, senza una traduzione diretta. Questo concetto, così umano e universale, trova una singola parola dedicata solo in tedesco, riflettendo forse una maggiore inclinazione nella cultura tedesca di riflettere e nominare anche gli aspetti più complessi dell’esperienza umana.

Un altro esempio è “Fernweh“, una parola che descrive un anelito profondo per luoghi lontani, una sorta di “nostalgia per il lontano” o “mal di lontano”. Mentre l’italiano può descrivere questo sentimento con una frase, il tedesco lo incapsula in un unico termine potente, dimostrando la sua capacità di sintetizzare emozioni complesse.

Consideriamo poi “Waldeinsamkeit“, che letteralmente significa “solitudine del bosco”. Questo termine descrive la sensazione di essere solo in un bosco, un’esperienza che può essere sia tranquilla che un po’ inquietante. Ancora una volta, il tedesco fornisce una parola specifica per un’esperienza molto specifica, qualcosa che l’italiano potrebbe esprimere solo con una descrizione.

Il concetto di “Waldeinsamkeit” è uno di quei termini tedeschi affascinanti che cattura un’esperienza molto specifica e profondamente emotiva, per la quale non esiste un equivalente diretto in molte altre lingue, inclusa l’italiana. Letteralmente, “Waldeinsamkeit” si compone di due parole: “Wald”, che significa “bosco”, e “Einsamkeit”, che significa “solitudine”. Quindi, in senso stretto, “Waldeinsamkeit” si riferisce alla solitudine o all’isolamento che si prova nel bosco. Tuttavia, il significato è molto più profondo e sfaccettato di quanto questa semplice traduzione possa suggerire: la connessione con la natura, la riflessione interiore, la sensazione di pace e tranquillità, la melanconia e una leggera inquietudine, la bellezza e meraviglia per la complessità dell’ecosistema e per la vita che prospera in un bosco lontano dall’intervento umano.

Infine, c’è “Kummerspeck“, letteralmente “lardo del dolore”, che si riferisce al peso guadagnato dall’overeating a causa dello stress o dell’afflizione. Ancora una volta, il tedesco trova una singola parola per descrivere un’esperienza complessa e emotivamente carica che l’italiano potrebbe solo cercare di descrivere.

Il termine tedesco “Kummerspeck” si traduce letteralmente con “lardo del dolore” o “lardo del dispiacere” e descrive un concetto piuttosto specifico e umoristico. Si riferisce al peso extra, ai chili in più, che una persona può guadagnare mangiando eccessivamente come reazione allo stress emotivo o al dispiacere. Letteralmente, “Kummer” significa “dispiacere” o “afflizione”, e “Speck” significa “lardo”, “grasso” o “ciccia”. Quindi, “Kummerspeck” indica quel grasso acquisito mangiando di più quando ci si sente tristi o stressati.

Il termine riflette non solo un fenomeno fisico, ma anche un’esperienza emotiva. Sottolinea la relazione tra le emozioni e le abitudini alimentari, suggerendo che il cibo può essere usato come una forma di conforto o un meccanismo di “coping” come strategia o metodo per gestire lo stress, i problemi emotivi, i traumi o le situazioni difficili. “Kummerspeck” è un esempio di come il tedesco riesca a condensare in una singola parola un’esperienza complessa che in altre lingue richiederebbe una spiegazione più lunga. Il “Kummerspeck” è un motivo per tranquillizzare le mamme o le nonne del “Hai cibo in frigo?” (vedi sopra) che quando rivedranno i figli o le figlie o i/le nipoti dopo la fase del “Kummerspeck” chiederanno loro senza alcuna pietà:

 

“Ma sei ingrassatə?”

Con questa domanda inizia una “spirale negativa” che dobbiamo interrompere. Dobbiamo riconoscere con orgoglio e determinazione che dietro ogni “ciccia dei dispiaceri” — dietro ogni grammo di “Kummerspeck” — si cela un dramma da rispettare perché il “Kummerspeck” rappresenta un problema serio.

Questi termini e molti altri dimostrano non solo la ricchezza e la precisione del tedesco ma anche come la lingua stessa rifletta profondamente i valori, la storia e la psicologia di una cultura. Per gli studiosi e gli appassionati di tedesco e italiano, esplorare queste differenze lessicali non è solo un esercizio linguistico; è un viaggio nelle profondità dell’esperienza umana, un modo per vedere il mondo attraverso un’altra lente e comprendere meglio come le nostre culture e lingue modellino il nostro modo di pensare e vivere. Concludendo, mentre l’italiano brilla per la sua eleganza e musicalità, il tedesco offre una precisione e una specificità che catturano concetti altrimenti inesprimibili o ineffabili.

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